No aid: il Lussemburgo non ha concesso alcun trattamento fiscale selettivo a favore di McDonald’s
Introduzione
Lo scorso 19 settembre ha trovato il suo epilogo in una decisione “no aid” la vicenda dei presunti aiuti di Stato concessi sotto forma di trattamento fiscale agevolato dal Lussemburgo alla nota catena di fast food Mc Donald’s.
Come dichiarato dalla commissaria alla concorrenza Margrete Vestager, infatti, le indagini svolte hanno portato a concludere che la misura agevolativa, la quale ha sollevato il gigante della ristorazione dal versamento di oltre 1,5 miliardi di euro di imposte, ha trovato giustificazione nella (mera) “discrepanza tra le regole fiscali lussemburghesi e quelle Usa, e non [in] un trattamento speciale del Lussemburgo. Quindi il Lussemburgo non ha violato le regole sugli aiuti di Stato”. Un esito per molti versi paradossale e insoddisfacente, ma che è espressione di grande ponderazione e imparzialità nell’applicazione del dato normativo da parte della Commissione Europea.
Background fattuale e giuridico
La previa illustrazione dell’articolata struttura organizzativa di McDonald’s e del background giuridico della vicenda, costituito dalla disciplina vigente tra gli USA e il Lussemburgo in materia di doppia imposizione fiscale, risultano essenziali per il corretto inquadramento del caso oggetto del presente articolo.
Con riferimento al primo tema, si evidenzia che la nota multinazionale nel 2016 vantava un giro d’affari mondiale di oltre 24 miliardi e mezzo di dollari, producendo utili netti per 4,6 miliardi. La società madre è la quotata McDonald’s Corp. con sede a Chicago, negli Stati Uniti. Questa, in particolare, controlla la lussemburghese McDonald’s Europe Franchising (di seguito “MEF”), che si occupa della gestione del franchising del brand e della riscossione delle royalties dagli affiliati di Europa, Russia e Ucraina. A sua volta, tale controllata si compone di due rami distinti, uno negli Stati Uniti e uno in Svizzera: al primo è affidata la titolarità dei diritti di franchise acquistati dalla società madre; il secondo, invece, si occupa della concessione di tali diritti di sfruttamento commerciale agli affiliati. Gli utili prodotti dal ramo svizzero sono imputati alla controllata in Lussemburgo, che tuttavia li dirotta presso il suo ramo statunitense. Dal punto di vista prettamente fiscale, sarebbe dunque il Lussemburgo lo Stato competente alla riscossione delle imposte sugli utili prodotti da MEF perché ivi localizzata.
Con riferimento alla disciplina fiscale applicabile, si ricorda innanzitutto che dal dicembre 2000 è in vigore tra il Lussemburgo e gli Stati Uniti un Trattato in materia di doppia tassazione, firmato nel 1996, avente l’obiettivo di esentare le società dalla tassazione dei loro utili in Lussemburgo se già soggette a tassazione negli Stati Uniti e viceversa. L’art. 7(1) di tale Trattato afferma infatti che “gli utili dell'impresa di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che l'impresa non svolga la sua attività nell'altro Stato contraente tramite una stabile organizzazione ivi situata”.
Tale disciplina deve coordinarsi con quella interna dell’ordinamento statunitense, contenuta nell'Internal Revenue Code, la quale ha come principio cardine quello per cui le società straniere che svolgono attività commerciali negli Stati Uniti sono soggetti passivi d'imposta secondo stesse aliquote progressive applicabili alle società statunitensi, ma solamente in relazione ai redditi effettivamente connessi con il proprio commercio o attività negli Stati Uniti.
Diversamente, laddove le società straniere scelgano di essere soggette a tassazione in base alle disposizioni di un trattato in materia di imposte sul reddito cui partecipino anche gli Stati Uniti, qual è appunto quello concluso nel 1996 tra USA e Lussemburgo, esse saranno generalmente soggette all'imposta statunitense su tutti i profitti attribuibili a una stabile organizzazione degli Stati Uniti.
I due ruling fiscali concessi a McDonald’s Europe Franchising nel 2009
Nel quadro appena delineato si innestano i due ruling fiscali concessi dal Granducato di Lussemburgo a MEF nell’anno 2009.
In generale, con il termine “ruling fiscali” o “tax rulings” si allude a quei provvedimenti rilasciati anticipatamente dall’amministrazione fiscale alle imprese contribuenti col fine di rendere intellegibile il carico fiscale e le modalità di tassazione cui le stesse verranno sottoposte (per un approfondimento della questione si veda infra §4).
Con il primo di tali ruling, concesso nel marzo 2009, MEF otteneva conferma dall’amministrazione lussemburghese di non essere tenuta ad alcuna prestazione fiscale a favore dello Stato in relazione agli utili societari prodotti, grazie all’operatività delle regole delineate dal Trattato USA-Lussemburgo in materia di doppia tassazione del 1996. A tal fine, in particolare, si stabiliva che la società fosse onerata di provare che gli utili allocati dal suo ramo svizzero negli Stati Uniti fossero effettivamente soggetti a prelievo fiscale in quel Paese.
Nell’applicazione di questo regime erano tuttavia emerse delle criticità, riguardanti in particolare l’individuazione dello Stato (esclusivamente) competente a riscuotere i tributi sulla base della nozione di “stabile organizzazione” di cui all’art. 5 del Trattato del 1996. La norma, infatti, allude con tale espressione ad “una sede fissa di attività attraverso la quale le attività di un'impresa sono svolte in tutto o in parte”. Ebbene, nonostante il ramo statunitense di MEF non potesse qualificarsi come stabile organizzazione ai sensi del diritto tributario USA (il punto di vista delle autorità fiscali statunitensi era infatti che MEF non esercitava sufficienti attività commerciali nel territorio federale), la società aveva sostenuto che ciò fosse nondimeno valido per l’ordinamento del Granducato di Lussemburgo.
La ricostruzione avanzata di MEF veniva successivamente fatta propria dalle autorità lussemburghesi con un secondo ruling del settembre 2009, il quale confermava l’esenzione fiscale per gli utili prodotti e contestualmente sospendeva l’onere della società di dimostrare l’effettiva tassazione dei medesimi negli USA.
Le questioni di compatibilità con il diritto UE degli aiuti di Stato e le conclusioni raggiunte dalla Commissione europea
Come si è più sopra evidenziato, nel caso di specie il ramo americano di MEF non rispettava le caratteristiche richieste dalla legge statunitense per essere considerato una "stabile organizzazione" in quel Paese, mentre veniva considerato tale dalle autorità lussemburghesi. Di conseguenza, se per la legge americana le imposte andavano versate in Lussemburgo, secondo i tax rulings lussemburghesi le stesse avrebbero dovuto pagarsi negli Stati Uniti, circostanza che, a partire dal settembre 2009, la società non doveva nemmeno dimostrare. Le difficoltà interpretative producevano dunque l’effetto paradossale che MEF non pagasse né in Lussemburgo né negli Stati Uniti le tasse sulle sue royalties europee.
A causa di questa situazione, nel dicembre 2015, la Commissione Europea avviava il procedimento formale di indagine di cui all’art. 108, par. 2, TFUE. La Commissione, in particolare, intendeva valutare se le autorità lussemburghesi avessero violato la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, derogando in modo selettivo alle disposizioni fiscali nazionali e convenzionali sulla doppia imposizione e, così facendo, conferendo a McDonald’s un vantaggio cui le altre imprese non avrebbero potuto beneficiare pur trovandosi in una situazione fattuale e giuridica analoga. L’indagine, pertanto, non metteva in discussione il regime fiscale generale del Lussemburgo ma solamente la sua concreta applicazione nel caso di specie.
Con la decisione in commento, adottata a quasi 3 anni di distanza dall’apertura della procedura di indagine, la Commissione è arrivata a concludere che il Lussemburgo non avrebbe perpetrato a favore di McDonald's nessun trattamento fiscale preferenziale in violazione del diritto UE degli aiuti di Stato, e ciò sia nell’applicazione del suo diritto nazionale sia nell’applicazione del Trattato sulla doppia imposizione del 1996. In particolare, le autorità comunitarie sono giunte ad imputare la doppia non-tassazione degli utili derivanti dal franchising di Mc Donald’s unicamente alla mancanza di coordinamento della normativa fiscale lussemburghese e statunitense in punto di “stabile organizzazione”, criterio di collegamento per stabilire la competenza fiscale.
La decisione finale, pertanto, ha definitivamente stabilito che “la misura non costituisce aiuto”.
Come già menzionato, si tratta di un esito che appare per molti versi paradossale e conforme a logiche formalistiche. Non ha mancato di sottolinearlo la stessa commissaria Vestager, che ha sposato con entusiasmo il progetto di riforma fiscale attualmente in discussione nel parlamento del Granducato di Lussemburgo, il quale tra l’altro consentirà di risolvere analoghe questioni per il futuro. Grazie a tali innovazioni legislative, lo Stato membro specificherà i criteri previsti dal suo sistema fiscale per definire cosa debba intendersi per “stabile organizzazione”, imponendo in certi casi al contribuente di fornire un certificato di residenza nell'altro Paese coinvolto, se vuole beneficiare di un'esenzione fiscale in Lussemburgo. Ciò costituirebbe la prova che l'altro Paese riconosce l'esistenza di una stabile organizzazione di tale società, e come tale soggetto passivo per la sua competenza fiscale.
Più in generale sul tema della compatibilità dei Tax rulings con il diritto UE degli aiuti di Stato.
La vicenda analizzata offre l’occasione per approfondire la delicata tematica degli aiuti di Stato concessi sotto forma di trattamento fiscale agevolativo a favore di talune imprese selettivamente determinate.
A riguardo, deve innanzitutto specificarsi che non tutte le ipotesi di concessione dei c.d. “tax rulings” comportano l’elargizione di tale categoria di aiuti. Come anticipato, infatti, con il termine rulings si identificano quelle decisioni emesse dall’amministrazione finanziaria di uno Stato volte ad esplicitare preventivamente il carico fiscale cui sarà sottoposto un determinato contribuente dal punto di vista delle modalità di applicazione e calcolo delle imposte societarie o altre disposizioni specifiche. Essi, di per sé, sono pertanto strumenti neutrali con cui gli Stati membri esplicano la loro autonomia nella elaborazione e applicazione delle proprie politiche fiscali, i quali non necessariamente ledono la concorrenza intracomunitaria, né contrastano con le norme UE in materia di aiuti di Stato.
Nondimeno, i tax rulings possono costituire il veicolo per l’attribuzione di aiuti di Stato quanto risultano caratterizzati dagli elementi cumulativi delineati dall’art. 107, par. 1, TFUE.
Tale è in particolare il caso dei rulings idonei ad accordare alle imprese illeciti vantaggi selettivi, nella misura in cui il loro debito tributario risulta arbitrariamente diminuito rispetto alle altre imprese che si trovano in una analoga posizione giuridica e fattuale.
Concretamente, tale effetto può riscontrarsi in tre casi principali, e quelli cioè in cui:
- il ruling è latore di un’errata applicazione della normativa fiscale nazionale, che concreta un’indebita riduzione dell’onere tributario (criterio valutativo);
- il ruling non riguarda la totalità delle imprese accomunabili quanto alla loro situazione di diritto e di fatto (criterio quantitativo);
- il ruling è lo strumento che l’amministrazione utilizza per approntare a favore di uno specifico debitore d’imposta un trattamento fiscale più favorevole rispetto a quello riservato ad altri contribuenti in una posizione analoga di diritto e di fatto (criterio qualitativo);
In tali casi, in applicazione della disciplina dettata dal Trattato in materia di aiuti di Stato, la compatibilità della misura andrà analizzata alla luce dell’obiettivo di si fa portatrice. Sarà in particolare la Commissione, nell’esercizio della propria competenza esclusiva, a dover fornire prova che tale obiettivo è quello di approntare un trattamento favorevole solo per alcuni operatori economici.
Una constatazione di tal fatta, tuttavia, è possibile solo previa individuazione della categoria delle imprese del settore, tra le quali solo una o solo alcune hanno fruito di un vantaggio economico.
Inoltre, dal punto di vista dei requisiti, la giurisprudenza comunitaria opera, seppur con talune incertezze, una distinzione tra vantaggio economico e selettività. In linea generale, ad avviso di chi scrive, mentre il primo dovrebbe riscontrarsi in virtù del raffronto in astratto tra la misura ed il trattamento generale cui le imprese del settore sono soggette in applicazione della normativa nazionale, la selettività dovrebbe ritenersi emergere invece dalla comparazione in concreto del trattamento fattuale delle varie concorrenti
A sua volta, il requisito della selettività è soggetto a differenti regimi probatori a seconda che si inscriva in una misura particolare – e in questo caso la presenza di un vantaggio economico consente di presumere la selettività – ovvero in una misura generale – a fronte della quale la selettività va provata puntualmente dalla Commissione, all’uopo comparando il regime in esame con quello delle concorrenti (una valutazione appunto concreta; cfr. C-15/14, MOL, pp. 59-60).
La materia dei tax rulings, di innegabile interesse dal punto di vista tanto giuridico quanto economico, è un territorio ancora poco battuto anche dalla dottrina specialistica, specie laddove si tenga presente la recentissima fioritura di casi, da McDonald’s (2018) ad Amazon (2017), da Apple (2016) a Fiat e Starbucks (2015). Sono dunque indispensabili ulteriori approfondimenti.
Per maggiori informazioni sul caso McDonald’s si rinvia al seguente link.