Group financing exemption: la disciplina britannica della tassazione sui profitti delle multinazionali alla prova del diritto UE degli aiuti di Stato
Risale al 2 aprile la decisione con cui la Commissione Europea si è espressa negativamente circa la compatibilità con il Mercato interno delle c.d. “CFC Rules” dell’amministrazione fiscale britannica. Nello specifico, la parte ritenuta non compatibile è quella che riguarda la Group Financing Exemption (GFE), considerata solo parzialmente giustificata. Questo è l’esito della procedura di indagine formale attivata ai sensi dell’art.108 TFUE già nell’ottobre 2017.
La Commissione ha puntato la sua attenzione sulla legislazione fiscale che va sotto il nome di Controlled Foreign Company Rules, tesa ad impedire che multinazionali inglesi possano avvalersi di società controllate estere site in paradisi fiscali in cui deviare i profitti ed eludere così la tassazione del Regno Unito. La misura è in effetti uno strumento importante per le strategie di lotta all’evasione fiscale messe in campo dallo Stato inglese, anche per rispondere a sollecitazioni comunitarie.
Grazie ai meccanismi delle CFC Rules, le autorità fiscali inglesi possono ri-allocare i profitti in capo alla società madre, fiscalmente soggetta all’erario britannico e così tassarla convenientemente. È importante considerare che spesso i trasferimenti di liquidità intra gruppo nelle e dalle controllate off-shore avvengono sotto forma di prestiti tra le società stesse, ed è essenzialmente sull’entità (magari nulla) degli interessi che va misurata la convenienza dell’operazione.
Stando così le cose, le CFC Rules predispongono due test per ottenere tale ri-allocazione dei profitti generati dagli interessi inerenti a prestiti ottenuti dalle controllate: ciò consente di conoscere e tassare adeguatamente gli utili prodotti. Si tratta del:
- Test dell’attività nel Regno Unito, teso identificare la misura in cui le attività di prestito sono localizzate nel Regno Unito;
- Test della connessione del capitale al Regno Unito, che rileva invece la misura in cui tali prestiti sono finanziati con fondi che derivano da contributi in conto capitale provenienti dal regno Unito.
Problemi e dubbi di compatibilità con le norme UE di tutela della concorrenza (in particolare con le disposizioni inerenti gli aiuti di Stato) sono emersi in relazione alla c.d. “Group Financing Exemption”, disposizione inserita nel corpo legislativo nel 2013. Vera e propria deroga al sistema, la GFE rendeva i proventi ricevuti da una controllata off-shoreda parte di un’altra controllata estera dello stesso gruppo esentati dalla tassazione prevista normalmente (cioè tramite applicazione dei due test delle CFC Rules). L’esenzione poteva essere totale o parziale (75%).
Lo schema che veniva a crearsi era il seguente. Una multinazionale localizzata nel Regno Unito faceva fluire capitali verso una società estera del gruppo per il tramite di una controllata off-shore (beneficiaria di tassazione agevolata) grazie a prestiti intra gruppo. Tali operazioni generavano utili sotto forma di interessi, soggetti a loro volta a tassazione agevolata o nulla grazie all’esenzione. La multinazionale guadagnava dal risparmio di spesa generato dalla non-sottoposizione degli utili al regime fiscale britannico.
L’indagine della Commissione ha preso specificamente in esame l’esenzione, valutandone la giustificazione alla luce della disciplina in cui si inscrive, e lo ha fatto con riguardo ai due test predisposti dalla legge. L’esito è stato di compatibilità solo parziale. In particolare, la GFE è stata ritenuta avere una motivazione degna di riconoscimento in relazione al test della connessione del capitale, mentre la medesima giustificazione è mancata per il test dell’attività.
Infatti, nel primo caso l’esenzione serve ad evitare complessi e gravosi obblighi intra gruppo di tracciamento dei capitali, diretti a determinare l’effettivo ammontare di quelli “UK connected”. Sotto questo aspetto, all’esenzione è riconosciuta la funzione di presidio all’effettivo funzionamento delle CFC Rules, come argomentato dal Regno Unito. Quanto al secondo parametro invece, l’obbligo di stabilire la misura in cui un dato incomefinanziario derivi da “UK activities” non risulta altrettanto complesso/gravoso. Conseguentemente, l’esenzione non appare giustificata sotto questo aspetto, costituendo per ciò stesso aiuto di Stato.
Sostanzialmente, per le multinazionali che a) si avvalgono dell’esenzione e b) rispondono ai criteri del test dell’attività nel Regno Unito, la Commissione ha riscontrato la presenza di un trattamento fiscale di favore ingiustamente selettivo e per ciò costituente aiuto di Stato.
Tale decisione, ha chiarito la Commissione (come più volte in passato), non significa sindacare la possibilità del Regno Unito di stabilire i livelli di tassazione che ritiene più appropriati: il policy-makingin materia rimane incardinato al principio di sovranità fiscale degli Stati Membri, i quali tuttavia non possono, attraverso tali politiche, collocarsi al di fuori della normativa che i Trattati pongono a presidio della concorrenza, segnatamente quelle sugli Aiuti di Stato.
Nonostante l’attivazione della procedura prevista dall’art. 50 TUE a seguito del c.d. Referendum Brexittenutosi il 23 giugno 2016 e la grande situazione di incertezza che ne è scaturita, il Regno Unito rimane formalmente uno Stato membro, e come tale continua a godere dei diritti e a essere soggetto agli obblighi che ciò comporta. Tra questi ultimi vanno senz’altro annoverate anche le regole sugli aiuti di Stato.
Londra si vede dunque imporre l’ordine di recupero, processo teso all’eliminazione della misura di aiuto e alla ripetizione di quanto illecitamente elargito alla o alle imprese. Come ormai consueto nei casi che coinvolgono la materia fiscale (misure generali o tax ruling), il recupero opererà con approccio caso per caso da parte delle competenti autorità, sulla base di una comparazione tra “situazione normale” e quella derivante dalla presenza dell’aiuto.
Background
Com’è noto, può riscontrarsi aiuto di Stato non solo nella positiva elargizione di denari pubblici verso imprese, ma anche nella mera rinuncia ad un introito pubblicoche lo Stato avrebbe invece diritto a percepire.
È in questa meccanica che si iscrivono le variegate tipologie di aiuti concessi tramite lo strumento fiscale, come ad esempio esoneri, riduzioni di imposte, tasse o contributi concesse a determinate imprese nazionali.
Oltre a tali agevolazioni, la giurisprudenza comunitaria ha riconosciuto la sussistenza di aiuti pubblici di questo tipo anche in casi di:
- fissazione di prezzi di favore per determinati beni pubblici;
- assistenza logistica e commerciale fornita a prezzi inferiori a quelli di mercato.
Onde stabilire che si tratti effettivamente di un aiuto, non deve mancare il requisito della selettività, che si impernia, a sua volta, sul noto passaggio dell’art.107 TFUE “...che favoriscono talune imprese o talune produzioni”.
La giurisprudenza della CGUE ha nel tempo specificato il requisito della selettività, chiarendo nettamente che “una misura mediante la quale le pubbliche autorità accordino a determinate imprese un trattamento fiscale vantaggioso che, pur non implicando un trasferimento di risorse statali, collochi i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole rispetto agli altri contribuenti, costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Al contrario, vantaggi risultanti da una misura generale applicabile senza distinzione a tutti gli operatori economici non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 TFUE” (vd. P OyC-6/12 p.18).
Pertanto, non sono vietate le c.d. misure di carattere generale, cioè quelle che creano un beneficio per le imprese (anche di un singolo settore) nel loro complesso e nella loro generalità. Non sarebbe pertanto in contrasto con il diritto comunitario della concorrenza un piano generalizzato di abbassamento della pressione fiscale, poniamo, per le PMI. Essenziale è dunque questa latitudine generalizzata della misura, come dimostra il caso spagnolo CETM (sent.29 settembre 2000), in cui un regime di aiuto per l’acquisto di veicoli industriali a varie categorie di persone fisiche e giuridiche è ritenuto selettivo in quanto non include le grandi imprese. “Il fatto che un aiuto non si indirizzi ad uno o più beneficiari particolari previamente definiti, ma sia soggetto a una serie di criteri obiettivi in applicazione dei quali potrà essere concesso, nell'ambito di uno stanziamento globale predeterminato di bilancio, a un numero indefinito di beneficiari, non identificati in origine, non basta a mettere in discussione il carattere selettivo della misura e, quindi, la qualifica di questa come aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato. Deve quindi essere considerata selettiva (...) una misura che può arrecare un beneficio, ed ha effettivamente arrecato un beneficio, tra gli utilizzatori di veicoli industriali, unicamente alle persone fisiche, alle piccole e medie imprese, agli enti pubblici territoriali, alle regioni e agli enti che forniscono servizi pubblici locali - gli altri utilizzatori di questo tipo di veicoli, ossia le grandi imprese, non vi hanno accesso”.
Stratificandosi le decisioni, la giurisprudenza ha introdotto una serie di distinzioni ed eccezioni che hanno complicato l’accertamento del criterio della selettività.
Per quanto qui in esame, una misura può essere selettiva anche se è indirizzata ad un intero settore economico, per esempio quando il godimento di un vantaggio non è immediato ma serve una decisione amministrativa discrezionale. A tale riguardo è stata ritenuta selettiva la disciplina italiana dell’amministrazione straordinaria delle grandi aziende che le sottrae di fatto alla procedura fallimentare (vd. Ecotrade C-200/97; Piaggio C-295/97).
Particolarmente problematica la massima secondo cui “spetterà al giudice del rinvio valutare se le agevolazioni fiscali previste a favore delle società cooperative di produzione e lavoro di cui alle cause principali siano giustificate alla luce della natura e della struttura generale del sistema tributario interessato”, ricorrente in giurisprudenza (vd. Adria Wien Pipeline C-143/99, BNP ParibasC-452/10 etc.) ma applicata unicamente in Paint Graphos(c.riunite da C-78/08 a C-80/08, p.76).
(Alessandro Maria Galizia)