Con le conclusioni presentate il 13 settembre scorso nella causa pregiudiziale C-387/17, l’Avvocato Generale Wahl ha affrontato le controverse questioni attinenti l’interpretazione del diritto comunitario che si pongono nell'ennesimo, e forse ultimo, giudizio di rinvio innestatosi nella lunga vicenda giudiziaria inerente gli aiuti di Stato erogati in danno dell’impresa Traghetti del Mediterraneo (di seguito “TDM”).
Le questioni emerse nel caso di specie concernono specificamente la disciplina procedurale di diritto derivato applicabile all’istituto degli aiuti di Stato ex art. 107 TFUE e pertanto meritano di essere analizzate in modo approfondito nella presente sede.
La vicenda giudiziaria di TDM e le precedenti pronunce pregiudiziali della Corte di giustizia
La vicenda giudiziaria è sicuramente nota agli addetti ai lavori in ragione dell’importante sentenza pregiudiziale della Corte di giustizia del 13 giugno 2006, resa su rinvio del Tribunale di Genova nel contesto del contenzioso avviato dalla TDM contro la concorrente Tirrenia, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa della politica di prezzi bassi praticata da quest’ultima fra il 1976 e il 1980, anche avvalendosi del versamento di sovvenzioni pubbliche in violazione delle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato.
In quella sede, infatti, dando applicazione ai principi già affermati nell’altrettanto importante sentenza Köbler, i giudici di Lussemburgo hanno riconosciuto il diritto della TDM di conseguire il risarcimento dei danni subiti a causa dell’errata interpretazione delle norme comunitarie da parte di la Suprema Corte di Cassazione e del suo rifiuto di operare rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 234, co. 3, TCE (ora art. 267 TFUE). Essi, inoltre, hanno chiarito l’incompatibilità con il diritto comunitario sia delle normative nazionali che escludono completamente la responsabilità dello Stato-Giudice per violazione del diritto comunitario, sia di quelle che limitano tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave, pur in presenza di una violazione manifesta del diritto vigente nel senso precisato dalla sentenza Köbler.
A seguito della nota pronuncia, constatato l’illecito commesso dallo Stato-Giudice, il Tribunale di Genova adiva nuovamente la Corte di giustizia, che nella sentenza del 10 giugno 2010, Fallimento Traghetti del Mediterraneo, chiariva la natura di aiuto Stato delle sovvenzioni corrisposte a Tirrenia nelle circostanze proprie della causa principale. Tanto appurato, Tribunale di Genova condannava dunque la Repubblica italiana al pagamento, in favore della TDM (a quel punto diventata Fallimento della Traghetti del Mediterraneo, “FTDM”), della somma di 2.330.355,78 Euro a titolo di risarcimento dei danni cagionati dall’illecito commesso dallo Stato‑Giudice.
In sede di impugnazione, tuttavia, la Corte d’Appello di Genova provvedeva a riformare la pronuncia di prime cure, rigettando le domande risarcitorie della FTDM fondate sulla responsabilità della Repubblica italiana nella sua qualità di Stato‑Giudice, ed al contempo accogliendo quelle fondate sulla responsabilità dello Stato‑Legislatore, per avere l’Italia indebitamente concesso aiuti illegali (per approfondimenti sul tema, si rinvia alla Comunicazione della Commissione relativa all'applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato da parte dei giudici nazionali, in particolare ai punti 43 e ss.)
La sentenza della Corte d’appello genovese veniva di seguito impugnata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri dinanzi alla Corte di Cassazione, la quale adiva ulteriormente la Corte di giustizia ex art. 267 TFUE, instaurando il giudizio di rinvio oggetto del presente commento.
Le questioni oggetto della causa pregiudiziale C-387/17
Oggetto del giudizio di rinvio attualmente pendente dinanzi ai giudici comunitari sono due questioni concernenti la corretta interpretazione del diritto comunitario degli aiuti di Stato, ossia:
- se la qualificazione degli aiuti erogati a Tirrenia tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta in termini di “aiuti nuovi” oppure preesistenti (c.d. “aiuti esistenti”) possa avvenire sulla base dell’art. 1, lettera b), v), del Regolamento n. 659 del 1999 (di seguito il “Regolamento”), norma secondo cui: “[...] gli aiuti considerati aiuti esistenti in quanto può essere dimostrato che al momento della loro attuazione non costituivano aiuti, ma lo sono diventati successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro. Qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un’attività da parte del diritto comunitario, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione”; ovvero se trovi applicazione, e in che termini, il principio (portata formalmente differente da quello di diritto positivo anzidetto) – enunciato dal Tribunale al punto 143 della sentenza Alzetta, secondo cui “[…] un regime di aiuti istituito in un mercato inizialmente chiuso alla concorrenza deve essere considerato, al momento della liberalizzazione di tale mercato, come un regime di aiuti esistenti, nei limiti in cui esso non rientrava, al momento della sua istituzione, nel campo di applicazione dell’art[icolo] 92, [paragrafo] 1, del Trattato [CE, attuale art. 107, paragrafo 1, TFUE]”;
-
se, sempre ai fini della qualificazione dei predetti aiuti, trovi applicazione, e in che termini, l’art. 1, lettera b), iv), del Regolamento, che afferma essere “esistenti” “gli aiuti considerati aiuti esistenti ai sensi dell’art. 15” – norma che, a sua volta, stabilisce un termine di prescrizione decennale per il recupero degli aiuti illegalmente concessi –, oppure se trovino applicazione, e in che termini (analoghi o meno al principio espresso dalla citata norma di diritto positivo), i principi, ripetutamente affermati dalla stessa Corte di giustizia, di tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto.
Le conclusioni dell’Avvocato Generale Wahl
Così poste le questioni pregiudiziali, nelle conclusioni in commento l’Avvocato Generale Wahl ha innanzitutto rilevato che la nozione di “aiuti esistenti”, ai sensi dell’art. 1 del Regolamento, pur riprendendo in gran parte l’acquis comunitario relativo alle modalità di applicazione delle disposizioni dei Trattati in materia di aiuti formatosi prima della sua adozione in virtù della giurisprudenza della Corte, risulta significativamente più ampio rispetto a quest’ultimo.
In particolare, l’Avvocato Generale ha evidenziato che, prima dell’adozione del Regolamento, la giurisprudenza della Corte di giustizia non ricomprendeva nella categoria degli “aiuti esistenti” né l’ipotesi degli aiuti per i quali fosse scaduto il termine di prescrizione (ipotesi poi prevista dall’art. 1, lettera b), iv) del Regolamento, in combinato disposto con l’art. 15 del Regolamento medesimo), né l’ipotesi delle misure in relazione alle quali fosse possibile dimostrare che al momento della loro attuazione non costituivano aiuti, ma lo erano diventati a causa dell’evoluzione (i.e. liberalizzazione) del mercato (si tratta del caso previsto dall’art. 1, lettera b), v), dello stesso Regolamento).
Ciò precisato, in considerazione del fatto che il Regolamento presenta un carattere “essenzialmente procedurale”, l’Avvocato Generale ne ha negato l’applicazione retroattiva ed ha pertanto escluso che, nel caso di specie, le autorità italiane potessero avvalersi delle categorie di “aiuti esistenti” previste, rispettivamente, all’art. 1, lettera b), iv), e all’art. 1, lettera b), v), del Regolamento allo scopo di ostacolare le azioni risarcitorie avviate dalla FTDM (cfr. punti da 37 a 57 delle conclusioni).
Ciò premesso, pertanto, nella non creduta ipotesi in cui la Corte ritenesse di qualificare gli aiuti controversi come esistenti in forza dell’articolo 1, lettera b), del Regolamento, l’Avvocato Generale ha affrontato le due questioni poste dalla Cassazione.
In ordine alla prima questione pregiudiziale, vertente sul criterio di qualificazione delle misure agevolative erogate nel contesto di un mercato non ancora liberalizzato, l’Avvocato Generale ha evidenziato che il riconoscimento della natura di “aiuti esistenti” - tanto sulla base dell’art. 1, lettera b), v), del Regolamento, quanto in applicazione del principio di cui alla sentenza Alzetta – postula necessariamente che le misure statali in esame non abbiano costituito, al momento della loro adozione, aiuti di Stato dotati di incidenza sugli scambi tra gli Stati membri e idonei a cagionare una distorsione della concorrenza. Difatti, richiamando quanto già affermato dalla Corte nella sentenza Fallimento Traghetti del Mediterraneo del 2010 (vd. supra, par. 1), egli ha ricordato che l’assenza di liberalizzazione non esclude di per sé che taluni aiuti di Stato siano idonei ad incidere sugli scambi tra Stati membri e possano falsare o minacciare di falsare la concorrenza ai sensi dell’art. 107, par. 1, TFUE. Nel caso di specie, pertanto, rilevato che le misure controverse apparivano ab origine idonee ad incidere in modo negativo sulla concorrenza e sugli scambi comunitari, l’Avvocato Generale ha escluso che potessero qualificarsi come esistenti sia in base al Regolamento che in base alla sentenza Alzetta, e ciò a prescindere dall’ambito di applicazione ratione temporis del primo (cfr. punti 58-76 delle conclusioni).
Per quanto attiene alla seconda questione, l’Avvocato Generale ha dapprima richiamato il principio generale in base al quale, nell’ambito del controllo del rispetto da parte degli Stati membri degli obblighi ad essi incombenti in forza degli articoli 107 e 108 TFUE, i giudici nazionali e la Commissione hanno ruoli “complementari ma distinti”. In particolare, le Conclusioni in commento ricordano che, in conformità alla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, “[m]entre la valutazione della compatibilità di misure di aiuto con il mercato comune rientra nella competenza esclusiva della Commissione, che agisce sotto il controllo dei giudici comunitari, i giudici nazionali provvedono alla salvaguardia dei diritti dei singoli in caso di inadempimento dell’obbligo di previa notifica degli aiuti di Stato alla Commissione previsto adesso dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE”, norma dotata di effetto diretto.
In applicazione dei principi esposti, l’Avvocato Generale ha dunque inferito che la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni riconosciuta ai terzi concorrenti risulta, “in linea di principio, indipendente da qualsiasi procedura d’indagine parallela condotta dalla Commissione sull’aiuto di cui trattasi" e che pertanto la scadenza del termine di prescrizione di 10 anni di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del Regolamento (la stessa disposizione è ora contenuta all’art. 17 del Regolamento 1589/2015) si limita a circoscrivere nel tempo i poteri della Commissione riguardanti il recupero degli aiuti illegali, mentre non esclude la possibilità dei giudici nazionali di constatare che un aiuto è illegale al fine di pronunciarsi sul risarcimento dei terzi danneggiati. Al riguardo, l’Avvocato Wahl ha infatti rilevato che “le sole norme sulla prescrizione eventualmente applicabili dinanzi al giudice nazionale sono quelle risultanti dal diritto nazionale, interpretate alla luce dei principi di effettività e di equivalenza” (cfr. punti 77-105 delle conclusioni).
Da ultimo, alla luce delle suesposte considerazioni, l’Avvocato Generale ha inoltre escluso l’invocabilità del principio del legittimo affidamento da parte delle autorità italiane, anche considerando che, secondo giurisprudenza costante, una tale tutela non può essere invocata da un soggetto che abbia commesso una violazione della normativa vigente. Quanto al principio della certezza del diritto, l’Avvocato Generale ha invece ritenuto che, mentre lo stesso può eventualmente venire in rilievo nel caso in cui lo Stato interessato abbia debitamente notificato le misure di aiuto che intende attuare, ciò non può valere nel caso in cui detto Stato non abbia ottemperato all’obbligo di previa notifica ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, come accaduto nel caso di specie.