Il funzionamento del sistema tedesco di sostegno all’energia rinnovabile(EE-FÖRDERUNGSSYSTEM): modello o ostacolo per il funzionamento del mercato europeo dell‘energia?
Il sistema tedesco di sostegno alle energie rinnovabili, abbreviato di seguito in EEG, si caratterizza da un lato, per aver notevolmente aumentato, a partire dalla prima legislazione risalente agli anni novanta, la quota di elettricità prodotta da fonti rinnovabili e dall’altro, per essersi assestata, in maniera piuttosto equilibrata, a metà strada tra la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato e il sostegno agli impianti nazionali di produzione di energia, dal momento che fu la stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’anno 2000 con la celebre sentenza PreussenElektraad aver dichiarato compatibile con il mercato interno un siffatto sistema. Le varie novelle che si sono susseguite nel corso degli ultimi venti anni, oltre a riaffermare lo scopo precipuo quale la promozione di uno sviluppo sostenibile mediante la progressiva riduzione del ricorso alle fonti fossili contestualmente ad una graduale diminuzione dei costi di approvvigionamento dell’energia, ha mantenuto pressoché invariato il sistema di finanziamento, composto da quattro livelli. Primariamente i gestori di rete a tensione medio-bassa sono tenuti ad allacciarsi in via prioritaria agli impianti di produzione di energia verde e ad acquistare e trasferire l’energia così prodotta, corrispondendo agli stessi una retribuzione che corrisponde ad una tariffa determinata a livello statale (cd. Einspeisevergütung); in alternativa è prevista la possibilità per i produttori stessi di vendere direttamente a terzi l’energia prodotta senza l’acquisto intermedio dei gestori delle reti, i quali quindi non esercitano alcun potere sull’energia che comunque transita pe le loro reti, così promuovendo una maggiore concorrenza nel mercato elettrico, ricevendo in cambio un premio di mercato il cui valore corrisponde pur sempre alla Einspeisevergütung. Al secondo livello emerge il meccanismo di compensazione, infatti i gestori di rete trasferiscono l’energia acquistata e retribuita, tramite Einspeisevergütungo premio di mercato, ai gestori delle reti di trasmissione, i quali sono tenuti a compensare i primi dei costi sostenuti (tramite i suddetti pagamenti). Al terzo livello invece il meccanismo di compensazione muta da verticale a orizzontale, dal momento che la compensazione avviene tra gli stessi gestori delle reti di trasmissione: coloro che hanno immesso e perciò retribuito una quantità di energia verde superiore alla media nella zona corrispondente, rispetto a quella fornita poi effettivamente distribuita ai consumatori finali, hanno diritto ad una compensazione da parte degli altri gestori; rectiusi gestori delle reti di trasmissione meno onerati sono tenuti ad acquistare da quelli maggiormente gravati la quantità di energia in eccedenza e a versare la somma corrispondente, fino a quando non venga raggiunto a livello federale tra siffatti gestori un livello pari tanto di energia verde acquistata quanto di finanziamento versato ai produttori. Al quarto livello il meccanismo di compensazione diventa nuovamente verticale, andando a ricomprendere le imprese di fornitura di energia: quest’ultime, deputate alla consegna dell’energia ai consumatori finali, sono tenute altresì tenute a compensare i gestori delle reti di trasmissione per i costi sostenuti al livello precedente, dal momento che le somme ricavate dalla vendita dell’energia sul mercato a pronti non è in grado di equilibrare l’ammontare dei più alti finanziamenti pagati agli attori del secondo livello e indirettamente ai produttori di energia rinnovabile. Questo rapporto obbligatorio che la legge istituisce tra gli attori del terzo e del quarto livello (EEG-Umlage)genera quasi ineluttabilmente un quinto livello, non previsto dal EEG ma che poggia comunque su una fondamento giuridico: i fornitori di energia, che devono compensare i costi suddetti sulla base dell’energia consegnata, nell’ambito dei contratti di fornitura stipulati con i consumatori finali, potranno inserire nelle clausole di definizione del prezzo della somministrazione per kilowattora anche l’importo del EEG-Umlage, al fine di riversare sul consumatore finale stesso quel supplemento che è stato pagato ai gestori delle reti di trasmissione. Il fatto che il legislatore non vieti né espressamente ammetta la possibilità di rivalersi sui consumatori è una manifestazione del principio “chi inquina paga”: infatti chi consuma elettricità come ultimo anello della catena deve necessariamente partecipare ai costi di produzione, ancorché si tratti di energia rinnovabile, visto che il EEG stesso mira a far partecipare alla cd. “svolta energetica” (Energiewende) ogni livello della società, riconoscendo tra l’altro proprio ai consumatori finali un ruolo centrale non solo come soggetti onerati ma anche come colonna portante della varietà di attori attivamente coinvolti.
L’influsso del diritto europeo sul EEG: profili di incompatibilità e recente legislazione
Per approfondire gli effetti dell’influsso del diritto europeo e in particolare del ruolo della Commissione giova soffermarsi sul EEG 2012, il quale ricalca certamente la struttura quadripartita appena delineata ma presenta alcune novità; nel caso in cui i produttori di energie rinnovabili avessero propeso per un vendita diretta a terzi dell’energia senza l’intermediazione degli attori dei livelli successivi si sarebbero potute aprire due diverse alternative: da un lato questi avrebbero potuto richiedere, come normalmente previsto, il premio di mercato, dato dalla somma tra il ricavato del prezzo di vendita e il valore necessario per il raggiungimento della tariffa stabilita a livello legislativo; dall’altro la vendita diretta avrebbe permesso una diminuzione del valore della EEG-Umlage a carico dei fornitori finali di elettricità, laddove questi avessero dimostrato che l’elettricità somministrata ai consumatori finali fosse composta per il 50% di energia rinnovabile, di cui almeno il venti solare o eolica. Quest’ultimo meccanismo, definito privilegio dell’elettricità verde, implicante naturalmente la rinuncia al premio di mercato, instaurava in compenso una stretta correlazione tra fornitori di elettricità e produttori di energia verde con degli indubbi vantaggi in tema di aumento della concorrenzialità del mercato elettrico in Germania e della quota di energie rinnovabili: infatti in primo luogo i produttori assumerebbero un rischio maggiore inserendosi nel mercato a pronti e contestualmente rinunciando alla sicurezza che un sistema di contribuzione obbligatoria quale l’Einspeisevergütungdarebbe loro, accrescendo d’altra parte la competitività dell’intero sistema; in secondo luogo i fornitori di elettricità sono stimolati ad acquistare una quota sempre maggiore di energia verde, andando così anche a favore degli stessi produttori e facendo incrementare la quota di approvvigionamento, dal momento che l’Einspeisevergütungal contrario non assicurerebbe una porzione consistente di elettricità da fonti rinnovabili consegnata ai consumatori, perché a seguito dei quattro livelli alla fine si giungerebbe ad un mix energetico che contemplerebbe una presenza di elettricità da fonti fossili in maggioranza. L’EEG conteneva un’ulteriore previsione: come già descritto nel quinto livello, i fornitori di elettricità hanno la facoltà di trasferire i costi derivanti dal pagamento del supplemento (EEG-Umlage) a carico dei consumatori, tra i quali si annoverano anche le imprese ad alto consumo di energia; dati gli alti costi che le stesse di conseguenza si sarebbero trovate ad affrontare, col rischio di essere penalizzate nelle loro capacità concorrenziali a livello internazionale, il legislatore decise di limitare il trasferimento del supplemento entro certi limiti secondo criteri oggettivi. E’ stata in definitiva proprio quest’ultima previsione ad aver destato l’interesse della Commissione, la quale ha ritenuto opportuno aprire un procedimento di controllo di compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato, culminato nella decisione 2015/1585 secondo la quale, nonostante il fatto che gli aiuti ai produttori e quelli integranti il cd. privilegio dell’elettricità verde fossero stati concessi illegalmente senza una previa notifica ex art. 108 par. 3 TFUE, i medesimi dovevano ritenersi compatibili con il mercato interno ex art. 107 par. 3 lett. c TFUE; limitatamente invece al parziale esonero dal pagamento del supplemento a favore delle imprese a forte consumo di energia, la Commissione ha deciso di applicare le Linee Guida in tema di energia e ambiente 2014-2020 sulla base del fatto che, pur essendo la fattispecie in esame più risalente rispetto all’entrata in vigore delle stesse, non solo queste ultime concernono situazioni che continuano a produrre i loro effetti, com’è appunto la concessione dell’aiuto mediante la diminuzione dell’ammontare del supplemento, ma anche non può parlarsi di legittimo affidamento laddove la verifica della Commissione non sia mai iniziata o comunque non sia stata ancora conclusa. Su questi presupposti, l’incompatibilità di una simile disposizione è stata dichiarata solo in minima parte, dal momento che le Linee Guida già prevedono, entro certe soglie, la possibilità di ammettere una riduzione dell’onere finanziario per le attività che provino un notevole consumo di elettricità, proprio alla luce dello stesso obiettivo che il legislatore tedesco ha indicato, ovvero evitare una diminuzione della competitività internazionale delle stesse e rafforzando allo stesso tempo il favore, tra l’opinione pubblica, per il raggiungimento di ambiziosi obiettivi in tema di energia rinnovabile, cosa che risulterebbe più difficile, laddove soggetti economicamente rilevanti fossero attinti negativamente da una simile transizione e dovessero soccombere a causa di costi eccessivi, mentre un onere in termini di tasse energetico-ambientali più equamente distribuito potrebbe addirittura ottenere un livello di tutela più alto di quello che si genererebbe da un’imposizione più alta, come peraltro affermano le stesse Linee Guida al par. 168. Ritornando alla decisione della Commissione, nonostante questa fosse stata comunque favorevole per la Repubblica Federale di Germania, visto che il volume di aiuti da recuperare sarebbe stato minimo, la medesima ha comunque deciso di impugnarla dinanzi al Tribunale UE, il quale ha tuttavia confermato le conclusioni della Commissione, tanto evidenziando le differenze sussistenti tra il EEG 2012 e il sistema che stava alla base della sentenza PreussenElektraquanto non allontanandosi dal percorso che lo stesso così come la Corte hanno intrapreso nell’ambito degli aiuti di Stato in tema di energia rinnovabile. In particolare si statuisce che i gestori delle reti di trasmissione attivi al secondo e terzo livello si occupano della gestione del supplemento (EEG-Umlage) su incarico determinato dalla stessa legislazione: ciò implica che tali attori, pur rimanendo privati, agiscono per conto dello Stato, con la conseguenza che le risorse derivanti dal supplemento che essi gestiscono non entrano a far parte dei loro bilanci bensì sono parte di una gestione separata; pertanto debbono essere considerate a tutti gli effetti “risorse statali”, in quanto, pur non appartenendo al patrimonio dell’Erario, rimangono sotto il costante controllo del medesimo, che peraltro ne definisce anche la destinazione, tant’è che le eventuali eccedenze dovranno essere conservate da tali soggetti per essere poi ripartite nell’anno solare successivo. Una simile posizione del Tribunale e della Corte UE sul tema delle risorse statali, affermata in numerose sentenze, non solo non trova riscontro nella giurisprudenza tedesca ma si collega ad una questione solo apparentemente diversa, quella del prelievo speciale a carico dei consumatori di energia, come, a detta di alcuni autori, l’Umlagesarebbe. In particolare, pur non sussistendo una definizione precisa di prelievo eccezionale, lo stesso sarebbe caratterizzato sia dall’onere in capo ad un ben definito gruppo di soggetti sia dalla sua origine pubblica (Aufkommenswirkung). Ebbene, secondo la Corte Costituzionale tedesca così come anche le magistrature ordinarie, una tale origine non può essere integrata dal semplice fatto che lo Stato piloti un certo flusso di denaro e ne definisca gli scopi, dal momento che è necessario altresì che lo Stato possa esercitare su tale flusso il proprio potere di disposizione e quindi che gli sia innanzitutto riconosciuta la possibilità di accesso al medesimo; al contrario si avrebbe un concetto troppo ampio di origine statale delle risorse, andando a comprendere quelle fattispecie in cui certamente il legislatore impone una prestazione in denaro, come l’Umlage, ma manca una partecipazione del bilancio pubblico. Sembra allora che le corti tedesche siano ancora ferme sui principi della sentenza PreussenElektra, che aveva individuato un meccanismo di finanziamento esclusivamente tra privati, evidentemente diverso però dall’EEG 2012. Giova precisare che, nell’ambito della questione se l’Umlagesia o meno un prelievo eccezionale, non solo la direzione del flusso di denaro è opposta a quella che concerne gli aiuti di Stato che appunto promanano direttamente o indirettamente dall’autorità pubblica per essere diretti a operatori o attività privati ma anche la ratio legis diverge perché la disciplina comunitaria tutela la concorrenza del mercato mentre quella tedesca mira a garantire un sistema impositivo unitario, nonostante tutto ciò gli elementi che le Corti europee e tedesche utilizzano, le une per affermare l’origine statale, le altre per smentirla, sono identici e si basano sull’imposizione per legge di un obiettivo di natura pubblica e sulla gestione, seppur indiretta, delle risorse. Per quanto riguarda infine la riduzione dell’onere a carico delle imprese ad alto consumo di energia, il Tribunale ha individuato anche in questo caso un aiuto incompatibile, escludendo sia la possibile compensazione in quanto servizio di interesse economico generale sia la valutazione alla luce del criterio dell’investitore privato in un’economia di mercato.
Le novelle del 2014 e del 2017 e le sfide per gli attori di piccole dimensioni
La prima novità introdotta nell’EEG 2014 e confermata nell’EEG 2017 riguarda l’obbligatorietà, per gli impianti con una capacità superiore a 100 kW, della vendita diretta a terzi dell’energia verde da parte degli stessi produttori, a seguito della quale questi riceveranno un premio di mercato che comprende il valore minimo di contribuzione stabilito per legge e il ricavo derivante dalla vendita presso la borsa dell’energia, così rendendo i soggetti percettori del finanziamento all’energia rinnovabile in grado di operare in un mercato concorrenziale. La seconda novità, che come la prima poggia direttamente sulle previsioni delle Linee Guida della Commissione, concerne l’introduzione di una procedura di gara competitiva e per l’individuazione dei produttori aventi diritto al finanziamento e per l’ammontare dello stesso; si tratta di un sistema di aste nelle quali i produttori offrono un determinato prezzo di acquisto, che non può superare un limite massimo stabilito a livello statale, corrispondente al cd. valore da investire, il quale rappresenta la somma fissa del premio di mercato, che i produttori indicano nell’offerta, e del ricavato della vendita dell’energia nel mercato a pronti. Una volta che l’offerta è stata presentata e quelle prive dei requisiti previsti sono state escluse, si procede all’assegnazione del finanziamento, che rispecchia il valore dell’offerta stessa, partendo da quella con il valore più basso e proseguendo in ordine crescente fino al completo raggiungimento del valore della potenza da installare che è stata messa all’asta dall’agenzia federale per l’energia, finanziamento che avrà una durata ventennale e che si manterrà fisso anche in presenza di oscillazioni dei prezzi dell’energia. Come si può notare, l’intero sistema si basa sul principio per cui chi chiede il finanziamento più basso per la produzione di energia verde viene conseguentemente finanziato, favorendo pertanto una diminuzione dei prezzi della fornitura di energia nonché un aumento della concorrenza tra diversi attori, al fine di escludere dal mercato coloro che non sono in grado di garantire un esercizio economicamente efficiente di un impianto di produzione. La procedura di gara competitiva si applica solo agli impianti che abbiano una potenza da installare superiore a 750 kW, sotto questa soglia vi sarà comunque l’obbligo di vendita diretta ma il premio di mercato viene stabilito a livello legislativo.
Sin dall’EEG 2014 il legislatore appare consapevole che un sistema altamente concorrenziale, i cui pilastri sono rappresentati da una vendita diretta obbligatoria e dalla definizione del finanziamento per mezzo di aste, minaccia la partecipazione degli attori più piccoli, il cui contributo è ritenuto fondamentale nell’ambito della svolta energetica a tal punto che al § 2 dell’EEG si pone come obiettivo principale la tutela della varietà degli attori in gioco. I soggetti più piccoli, che, s’intende, si trovano comunque al di sopra delle soglie sopra indicate, non solo nell’ambito della vendita diretta obbligatoria potrebbero riscontrare delle difficoltà per quanto riguarda l’accesso al mercato a pronti e quindi le condizioni di partecipazione, ma anche e soprattutto nell’ambito delle aste si individuano gli ostacoli maggiori per siffatti attori, dal momento che una procedura di gara richiede una non comune conoscenza del funzionamento delle stesse e una capacità di azione che solo i soggetti più sviluppati e economicamente rilevanti posseggono, tenendo poi conto del fatto che questi ultimi nella maggior parte presentano numerosi progetti di impianti rinnovabili, con la conseguenza che, laddove in una o più aste non dovessero risultare vincitori, potrebbero tranquillamente spalmare e così assorbire il danno subito altrove, mentre i piccoli attori solitamente presentano un unico progetto, pertanto, nel caso in cui non dovessero aggiudicarsi il finanziamento, quanto fino ad allora era stato investito andrebbe definitivamente perso. Bisogna peraltro aggiungere che, oltre ad un simile ostacolo derivante dal maggiore rischio sopportato, i soggetti minori hanno più difficoltà ad accedere al finanziamento da parte di istituti di credito o investitori privati per la prima parte del progetto, comprendente anche la prestazione di una garanzia e l’autorizzazione urbanistica, proprio per il fatto che si tratta solitamente di impianti unici e di piccole dimensioni, cosicché si palesa la possibilità per gli stessi di presentare un’offerta di vendita piuttosto alta, dati gli ingenti costi di investimento, e la spesso ineluttabile minaccia di soccombere dinanzi ad offerte molto basse. Da un lato le stesse Linee Guida della Commissione predispongono delle soglie al di sotto delle quali gli impianti ricevono un finanziamento sganciato da una logica concorrenziale e basato su una tariffa legislativamente definita, dall’altro è stato lo stesso legislatore tedesco a creare una fattispecie, la cd. società dell’energia dei cittadini (Bürgerenergiegesellschaft), a cui applicare determinate norme di favore come il dimezzamento della garanzia prestata all’inizio della presentazione dell’offerta, l’esonero dalla presentazione dall’autorizzazione urbanistica, l’allungamento dei tempi per l’entrata in funzione dell’impianto e soprattutto la definizione dell’ammontare del finanziamento non sulla base dell’offerta proposta ma di quella più alta in quella gara, di modo che tali soggetti possano presentare un’offerta anche minima, consapevoli del fatto che riusciranno in ogni caso a coprire i costi sostenuti, essendo il valore della retribuzione corrispondente a quello dell’offerta più ingente. La disciplina delle Bürgerenergiegesellschaftensi caratterizza per essere piuttosto stringente, dal momento che si richiede la partecipazione di almeno dieci persone fisiche, delle quali almeno la metà residenti nella zona in cui l’impianto deve sorgere, in modo da aumentare il favore della popolazione locale e ampliare il perimetro della partecipazione a simili progetti. Bisogna però precisare che, non richiedendosi prima della presentazione dell’offerta l’autorizzazione urbanistica, nei primi due anni di sperimentazione delle aste, si è notato che tutti i premi sono stati assegnati sulla base di offerte prive appunto di autorizzazione e quindi con una probabilità di realizzazione molto inferiore, il che ha costretto il legislatore a sospendere l’applicazione di questo come degli altri vantaggi in favore di tali fattispecie almeno per l’anno 2019, con il rischio però di creare una lesione alla tutela della varietà degli attori, tutela che, ricordiamo, rappresenta solo un principio informatore della legge, sulla cui base non si può esercitare alcun diritto.
Vi sono ulteriori soggetti attivi deboli, oltre alla realtà appena analizzata, spesso definiti come piccoli o piccolissimi attori, i quali costituiscono comunque una parte rilevante tra coloro che partecipano alla cd. svolta energetica tedesca: si tratta di abitazioni private, fattorie o comunità dell’energia, la cui tutela legislativa è affidata tanto a livello nazionale che europeo al parametro della potenza dell’impianto, 100 kW per l’esenzione dalla vendita diretta obbligatoria e 750 kW per l’esenzione dalle aste. Se ad un’analisi superficiale potrebbe risultare un simile criterio efficace, in realtà non è in grado di tutelare gli attori finanziariamente meno rilevanti, poiché da un lato va a comprendere necessariamente anche i piccoli impianti di medie e grandi imprese, dall’altro lo stesso sembra soddisfare piuttosto il principio di proporzionalità, in base al quale non sarebbe efficiente, per via degli alti costi che ne deriverebbero anche per il sistema, far partecipare tali soggetti e alla vendita diretta obbligatoria e alle aste; diverso sarebbe stato procedere ad un miglioramento del funzionamento delle offerte, al rimborso dei costi di pre-esercizio andati persi o alla previsione di una quota minima di premio. Inoltre anche la norma per cui si parte per l’assegnazione dei premi dalle offerte con il valore più basso, in realtà non offre alcuna tutela effettiva, in quanto non indica alcuna soglia minima, tale da accordare precedenza ai piccoli attori, ma può benissimo riferirsi ad un’offerta per una potenza di media grandezza che si confronta con un’altra parametrata ad una potenza maggiore; non solo, una simile previsione può essere aggirata da parte di quelle imprese medie e grandi che potrebbero proporre un’offerta insignificante, magari anche non corrispondente ai costi sostenuti e da sostenere, al solo fine di aggiudicarsi il premio ed escludere simili piccoli attori che, al contrario, non avrebbero alcun interesse a presentare un’offerta creata ad hocbensì una calcolata sulla base del progetto reale. Se è vero che le disposizioni delle Linee Guida della Commissione così come il Regolamento GBER non aiutano in tal senso, predisponendo per esempio dei vantaggi ancorati al luogo di installazione dell’impianto se corrispondente a quello di residenza degli attori coinvolti o alla forma partecipativa prescelta, pena un’incompatibilità con il diritto primario, è altrettanto vero che sono le medesime a poter fornire una soluzione, a partire dalla definizione di piccola e media impresa (PMI), ex art. 1 Allegato 1 Reg. 2014/651 GBER. Questa comprende “ogni unità che esercita un’attività economica” indipendentemente dalla forma assunta, pertanto anche attori piccolissimi come le suddette fattorie o abitazioni private fino ad attori appena più rilevanti e organizzati quali le comunità di energia; sulla base di tali presupposti il legislatore potrebbe avvalersi degli artt. 17 parr. 1 e 2 lett. a e 18 GBER, in combinato disposto con l’art. 41, i quali affermano la compatibilità con l’art. 107 par. 3 TFUE di quegli aiuti che finanziano l’acquisto di valori patrimoniali materiali o il ricorso a servizi di consulenza, entrambi necessari, seppur in misura inferiore rispetto all’ammontare dei costi, gli uni per l’avvio del progetto e il ripianamento dei costi che insorgono in una procedura di gara prima dell’assegnazione del premio, gli altri per rafforzare la posizione di quei soggetti deboli e avvicinarla alle capacità di azione delle imprese più grandi, mediante, per esempio studi di fattibilità o consulenza tecnico-legale. Ulteriori soluzioni si possono ricavare sempre dalla disciplina del regolamento GBER; è stato in precedenza affermato che per i piccoli attori le difficoltà sorgono già al momento della raccolta del capitale necessario per avviare il progetto, dal momento che gli istituti di credito e gli investitori privati, sulla base del fatto che si tratta di singoli progetti in cui la dispersione del rischio di una mancata assegnazione del premio non è contemplata e di attività la cui solvibilità è piuttosto debole, tendono a richiedere garanzie di adempimento delle obbligazioni difficilmente sopportabili da siffatte realtà. Inoltre, per gli stessi motivi, ulteriori ostacoli si presentano al momento della vendita diretta obbligatoria, trattandosi di trovare una controparte nel mercato a pronti disposta ad assumersi il rischio di stipulare un contratto di compravendita con piccoli produttori non dotati di elevate potenzialità commerciali. Una prima soluzione per ovviare al problema del finanziamento iniziale la si può rinvenire agli artt. 21 e 22 del reg. GBER, i quali considerano compatibili con l’art. 107 par. 3 TFUE, quegli aiuti che supportano in parte rispettivamente l’accesso al capitale di rischio e la fase di avvio della piccola media impresa. Una seconda soluzione, limitata però al profilo degli investitori nei progetti di energia rinnovabile di cittadinanza, promana direttamente dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE: nel caso (C- 197/11 e 203/11) concernente una misura del governo danese che imponeva una soglia minima del 20% di partecipazione di cittadini a siffatti impianti, in modo da aumentare le possibilità di partecipazione della popolazione locale e accrescerne il favore verso i progetti da realizzare, la Corte ha affermato che ciò poteva costituire una giustificazione alla limitazione della libertà di stabilimento, purché il provvedimento prediligesse esclusivamente la popolazione locale più svantaggiata. Questo primo passo della Corte non solo riconosce validità al concetto di bene comune ma può servire anche al legislatore nazionale, per rafforzare la varietà di attori nella direzione di coinvolgere anche quei cittadini meno abbienti, che altrimenti difficilmente potrebbero prestare il loro contributo per lo sviluppo della comunità locale.
(Raffaele Palermo)